Cari ragazzi,
Mi è sembrato bello terminare quest’esperienza di servizio civile, scrivendovi poche righe con la speranza che vi possano restare nel cuore.
Quest’anno Don Bosco ha voluto che io arrivassi in questa comunità forse perchè sapeva che dovevamo darci qualcosa a vicenda: io avevo bisogno di voi per crescere, per capire tante cose di me, per avere conferma che questa fosse la strada giusta da inseguire e voi di me… forse per farvi sentire semplicemente amati.
Abbiamo vissuto come una vera famiglia, condividendo e dividendo tutto, gioie, dispiaceri, sconfitte, sogni. Siete stati per me quel pane quotidiano che il Signore ci insegna nella sua preghiera più bella. Spero di aver donato ad ognuno di voi almeno qualcosa di cui avevate più bisogno, spero che portiate dentro di voi qualche mia parola, qualche mio sguardo, qualche mia carezza e anche qualche mio rimprovero. Ho sempre agito per il vostro bene proprio come una mamma con I propri figli. È vero sono giovane per essere una mamma o comunque per essere una vostra mamma ma vi ho amato proprio come farebbe lei con I suoi figli, quello più scapestrati ai quali bisogna stargli dietro più degli altri perchè solo cosi si può provare a raddrizzarli a metterli sulla giusta strada. Spero di incontrarvi da grandi e ascoltare tutto ciò che starete facendo di bello. Sono certa che riuscirete a realizzarvi, credo in voi e nelle vostre capacità ne avete tante dovete soltanto imparare a credere di piu in voi stessi e ad amare tutto cio a cui vi dedicherete. Se amerete le cose che farete queste daranno frutti molto buoni,se invece le farete con poco impegno e senza quel sentimento che alimenta la vita che è l amore tutto andrà perduto…Sognate e affidate I vostri desideri piu profondi a Maria nella preghiera sono certa che vi aiuterà.
Il mio augurio è che voi possiate essere sempre felici come diceva don bosco, nel tempo e nell’eternita
Porterò sempre nel cuore l’incontro con ognuno di voi… Grazie !
Vi abbraccio.
Alessandra
Dalla festa di don Bosco, la Casa canonica è diventata casa di accoglienza per tre giovani migranti. Succede a Torre Annunziata e la canonica in questione è quella della parrocchia Santa Maria del Carmelo, affidata ai salesiani presenti nella città oplontina fin dal 1929 e divenuti, nel corso degli anni, un punto di riferimento significativo per tantissimi giovani della città e per tutto l’ambiente cittadino, dal punto di vista spirituale, ma anche civile e sociale. Quest’idea è nata nel settembre 2015, dopo aver ascoltato le parole di Papa Francesco: “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere prossimi dei più piccoli e abbandonati. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario ospiti una famiglia”. Da queste parole, abbiamo trovato l’ispirazione per il nostro progetto. Vogliamo rispondere concretamente all’appello del Papa, in continuità con quanto già cerchiamo di fare quotidianamente: accogliere gli ultimi, fare attenzione alla marginalità attraverso l’oratorio e la casa famiglia. Qui in parrocchia avevamo la casa canonica disabitata, e quindi abbiamo pensato di arredarla per aprirla a chi ha bisogno. Così l’abbiamo ribattezzata “Casa del Carmelo” ed é iniziata quest’avventura. Insieme alla comunità parrocchiale, abbiamo voluto rispondere fattivamente. Proprio la reazione dei parrocchiani ci ha un po’ stupito, non ci aspettavo tanta generosità. All’inizio eravamo un po’ scettici, ci sembrava un obiettivo troppo difficile da realizzare. Quando abbiamo deciso di usare la casa canonica per ospitare chi ha necessità, c’era l’urgenza di fare dei piccoli lavori nell’abitazione e arredare l’appartamento. Ora incredibilmente siamo in una situazione per la quale abbiamo più mobili dello stretto necessario, le persone hanno risposto con immenso altruismo. Siamo un territorio dotato di grande spirito di accoglienza. Ad oggi non sappiamo per quanto tempo si fermeranno i tre ragazzi. L’alloggio non è certamente pensato come una dimora fissa, ma come luogo per rispondere in modo immediato almeno ai bisogni primari o di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese o magari a ragazzi a rischio, che divenuti maggiorenni, non possono più stare in Casa famiglia e non hanno ancora un posto dove andare. Siamo molto contenti di poter dire, che grazie al nostro aiuto, i tre ragazzi accolti, hanno già iniziato a lavorare presso alcuni ristoranti locali. Questo permette loro di cominciare a integrarsi nel nostro territorio. Una storia inizia con don Bosco e che continua .
