Ha preso il via in questi giorni il progetto “Don Bosco a scuola”, ideato e realizzato dall’Oratorio Salesiano di Corigliano d’Otranto (LE), che tra le varie proposte prevede anche quella di coinvolgere i minori extracomunitari ospiti della Comunità Educativa “D. Savio”.
La finalità di questa iniziativa, pensata come fase preparatoria alla Festa di Don Bosco, è quella di educare i ragazzi che frequentano le scuole di Corigliano d’Otranto alla cultura dell’integrazione, intesa come capacità di accettare l’altro quale parte della propria comunità.
Rabbi e Shohel, provenienti dal Bangladesh, e Alpha, originario del Gambia, sono stati i protagonisti di queste giornate, portando la propria testimonianza ai ragazzi delle scuole. Durante i diversi incontri di queste mattine, hanno potuto fare la conoscenza degli studenti e raccontare le proprie storie di vita. Hanno parlato delle motivazioni che li hanno spinti a lasciare la propria nazione e i propri legami per provare a costruire un futuro in Europa, delle avversità incontrate nel corso degli spostamenti effettuati nel tentativo di raggiungere le coste italiane e delle difficoltà avute nei primi periodi trascorsi in Italia, legate al problematico approccio che ognuno di noi vive quando si trova in un ambiente culturale differente rispetto a quello che gli è proprio.
Gli alunni delle scuole, dal canto loro, hanno dimostrato interesse nei confronti delle storie dei nostri giovani, intervenendo spesso per approfondire alcuni temi o per soddisfare le curiosità che nascevano durante l’ascolto, come per esempio quelle legate alle differenze linguistiche tra le culture.
Un’iniziativa certamente ben riuscita, che ha coinvolto i ragazzi della Comunità ma soprattutto i giovani studenti delle scuole e che ha visto gli animatori dell’Oratorio fortemente impegnati in questo percorso, motivati dalla certezza che l’integrazione è data dall’unione attraverso la socializzazione.
E’ seguendo questa strada che la comprensione dell’altro può portare a percepire le differenze e le diversità culturali come un valore positivo di cui nutrirsi per poter crescere e migliorare e non come un fattore discriminante.
Nicola Portaluri