“Ciao sono Andrea e da qualche mese sono alla comunità educativa “Mamma Matilde”
E’ così che inizia a raccontarsi uno dei nostri ragazzi ospiti – continua – “Abito in Italia da 5 anno, in Kenya ho lasciato fratelli e sorelle. Da quando sono a Torre Annunziata oltre ad andare a scuola ho la fortuna di praticare due sport che mi piacciono e mi appassionano tantissimo: il rugby e la pallavolo. La pallavolo è lo sport che pratico da più tempo, precisamente da quattro anni, il mio sogno sarebbe un giorno giocare con la Nazionale maschile. A settembre ho sognato con loro durante i mondiali, ho visto con entusiasmo e passione tutte le partite in TV. Fortunatamente quest’anno ho la possibilità di giocare nella squadra maschile U16 del “Vesuvio Oplonti Volley”, mi alleno tutti i martedì e giovedì e quando inizierà il campionato sarò impegnato anche nel fine-settimana. Il rugby invece è uno sporto che ho scoperto da quando sto in comunità grazie al mio amico Antonio. Ci alleniamo insieme due volte a settimana, ma disputiamo campionati diversi perché io sono under 16 mentre lui è under 18. Grazie a questo sport abbiamo conosciuto altri ragazzi e ragazze che si allenano con noi sia in Oratorio che in un campo esterno alla nostra struttura. Cerco di dare il massimo in entrambi gli sport perché anche se diversi hanno in comune il gioco di squadra, l’affiatamento e la sintonia tra i giocatori ed io mi impegno per aiutare i miei compagni a vincere!”
L’equipe della comunità educativa “mamma Matilde” ringrazia vivamente le società “ASD Vesuvio Oplonti Volley” e “Amatori Rugby di Torre del Greco” per l’impegno e la disponibilità nel contribuire alla crescita dei nostri ragazzi.
Rossella Tufo, educatrice comunità educativa “Mamma Matilde”
Dalla festa di don Bosco, la Casa canonica è diventata casa di accoglienza per tre giovani migranti. Succede a Torre Annunziata e la canonica in questione è quella della parrocchia Santa Maria del Carmelo, affidata ai salesiani presenti nella città oplontina fin dal 1929 e divenuti, nel corso degli anni, un punto di riferimento significativo per tantissimi giovani della città e per tutto l’ambiente cittadino, dal punto di vista spirituale, ma anche civile e sociale. Quest’idea è nata nel settembre 2015, dopo aver ascoltato le parole di Papa Francesco: “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere prossimi dei più piccoli e abbandonati. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario ospiti una famiglia”. Da queste parole, abbiamo trovato l’ispirazione per il nostro progetto. Vogliamo rispondere concretamente all’appello del Papa, in continuità con quanto già cerchiamo di fare quotidianamente: accogliere gli ultimi, fare attenzione alla marginalità attraverso l’oratorio e la casa famiglia. Qui in parrocchia avevamo la casa canonica disabitata, e quindi abbiamo pensato di arredarla per aprirla a chi ha bisogno. Così l’abbiamo ribattezzata “Casa del Carmelo” ed é iniziata quest’avventura. Insieme alla comunità parrocchiale, abbiamo voluto rispondere fattivamente. Proprio la reazione dei parrocchiani ci ha un po’ stupito, non ci aspettavo tanta generosità. All’inizio eravamo un po’ scettici, ci sembrava un obiettivo troppo difficile da realizzare. Quando abbiamo deciso di usare la casa canonica per ospitare chi ha necessità, c’era l’urgenza di fare dei piccoli lavori nell’abitazione e arredare l’appartamento. Ora incredibilmente siamo in una situazione per la quale abbiamo più mobili dello stretto necessario, le persone hanno risposto con immenso altruismo. Siamo un territorio dotato di grande spirito di accoglienza. Ad oggi non sappiamo per quanto tempo si fermeranno i tre ragazzi. L’alloggio non è certamente pensato come una dimora fissa, ma come luogo per rispondere in modo immediato almeno ai bisogni primari o di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese o magari a ragazzi a rischio, che divenuti maggiorenni, non possono più stare in Casa famiglia e non hanno ancora un posto dove andare. Siamo molto contenti di poter dire, che grazie al nostro aiuto, i tre ragazzi accolti, hanno già iniziato a lavorare presso alcuni ristoranti locali. Questo permette loro di cominciare a integrarsi nel nostro territorio. Una storia inizia con don Bosco e che continua .
