I comportamenti violenti e devianti dei ragazzi non possono essere trattati con il ricorso al carcere, ma piuttosto con politiche e interventi sociali ed educativi appropriati. Il disegno di legge, ancora una volta sponsorizzato e rilanciato ieri dal ministro Salvini nella sua venuta a Napoli presentato alla Camera dei deputati che intende abbassare l’età imputabile da 14 a 12 anni è inaccettabile. Il tasso di minorenni denunciati e il livello della recidiva minorile in Italia e nel napoletano risulta essere fra i più bassi d’Europa. Anzi contrariamente quanto evidenziano i media, i minori coinvolti sul nostro territorio in reati classici come il furto e lo spaccio sono in diminuzione. Sono in aumento le denunce per atti di bullismo e violenza intrafamiliare, questo grazie ad una maggiore sensibilità sociale e la disponibilità alla denuncia da parte delle vittime. È inopportuno e sbagliato affrontare casi specifici, e circoscritti, che hanno colpito l’opinione pubblica chiedendo un cambiamento di sistema che non trova giustificazione.
La gran parte delle situazioni che hanno rilievo sui media evidenziano le gravissime responsabilità dello Stato circa l’insufficienza di investimenti in materia di prevenzione, inclusione, educazione per le politiche sociali a favore di minorenni delle famiglie e nei contesti sociali ad alto tasso di criminalità o povertà sociale. La colpevole assenza di sostegno agli ambienti di crescita, all’educazione, alla scuola, alla formazione, agli oratori, ma anche l’assenza di futuro e di prospettive credibili che si riscontrano in particolar modo sul nostro territorio si vogliano risolvere fomentando paure e ricorrendo a pseudo risposte di ordine penale punitive e detentive per bambini di 12 e 13 anni.
Esistono forme di intervento per i bambini di età inferiore ai 14 anni che manifestano difficoltà o atteggiamenti a rischio sociale, come l’inserimento in comunità educativa, progetti di educativa territoriale, tutoraggio educativo ma spesso mortificate per l’insufficienza di risorse economiche dei comuni. E’ indispensabile prevedere sanzioni ferme e serie, rendendo in particolare obbligatorie le misure di sostegno educativo. Invece di prevedere misure punitive per i ragazzi, occorre piuttosto sostenere gli adulti nel loro ruolo educativo e ampliare il ricorso a forme alternative alla detenzione e di giustizia riparativa per tutti i minorenni inseriti nel circuito penale. Don bosco ci insegna che la miglior cura è la prevenzione. Ai mini eserciti di baby gang, è necessario mettere in campo un esercito, un esercito di insegnanti, educatori ed operatori sociali. Sono loro infatti a rappresentare le istituzioni democratiche in presidi di legalità qualificati sui territori.
Don Antonio Carbone, Presidente A.P.S. “Piccoli passi grandi sogni – Onlus”