“Ci sono ragazzi che non hanno genitori, ragazzi maltrattati, ragazzi che hanno problemi con la giustizia, che non possono ricevere una carezza rassicurante dalla propria mamma la sera prima di addormentarsi”
le parole di don Antonio nell’introdurre l’inaugurazione della nuova comunità per minori “Peppino Brancati”, avvenuta ieri, 25 luglio 2017. La nuova struttura è stata dedicata allo scugnizzo napoletano, accolto da Don Bosco a Torino appena rimasto orfano.
All’inaugurazione sono intervenuti Francesco Marino, vescovo di Nola, Antonio De Iesu, Questore di Napoli, don Pasquale Cristiani superiore dei salesiani e don Tonino Palmese, oltre ad altre rappresentanze delle forze dell’ordine e della chiesa locale. Presente anche Vincenzo Ascione, nuovo sindaco di Torre Annunziata con la neo giunta comunale.
Significative le parole del Questore di Napoli e del Vescovo, rivolte ai numerosi giovani presenti all’evento di ieri.
La comunità”Peppino Brancati”, si affianca alla già esistente comunità per minori “Mamma Matilde”, inaugurata nel 2004, sempre presso la casa salesiana di Torre Annunziata.
Dopo la benedizione del Vescovo e il consueto taglio del nastro, ad opera del sindaco, la nuova struttura è stata aperta al pubblico. Gli otto minori di sesso maschile, che saranno inviati dai Servizi Sociali Territoriali e dal Centro di Giustizia Minorile, troveranno una struttura accogliente e confortevole, composta da 4 camerette con annessi servizi igienici, una stanza per l’operatore e una grande cucina con due divani e due televisori.
Presenti all’evento gli educatori e i ragazzi delle altre cinque comunità per minori gestite dall’A.p.s “Piccoli Passi Grandi Sogni Onlus”, e don Giovanni D’Andrea presidente dell’Scs/Cnos Salesiani per il Sociale, associazione che ha fornito un importante contributo per la realizzazione dell’opera.
Dalla festa di don Bosco, la Casa canonica è diventata casa di accoglienza per tre giovani migranti. Succede a Torre Annunziata e la canonica in questione è quella della parrocchia Santa Maria del Carmelo, affidata ai salesiani presenti nella città oplontina fin dal 1929 e divenuti, nel corso degli anni, un punto di riferimento significativo per tantissimi giovani della città e per tutto l’ambiente cittadino, dal punto di vista spirituale, ma anche civile e sociale. Quest’idea è nata nel settembre 2015, dopo aver ascoltato le parole di Papa Francesco: “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere prossimi dei più piccoli e abbandonati. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario ospiti una famiglia”. Da queste parole, abbiamo trovato l’ispirazione per il nostro progetto. Vogliamo rispondere concretamente all’appello del Papa, in continuità con quanto già cerchiamo di fare quotidianamente: accogliere gli ultimi, fare attenzione alla marginalità attraverso l’oratorio e la casa famiglia. Qui in parrocchia avevamo la casa canonica disabitata, e quindi abbiamo pensato di arredarla per aprirla a chi ha bisogno. Così l’abbiamo ribattezzata “Casa del Carmelo” ed é iniziata quest’avventura. Insieme alla comunità parrocchiale, abbiamo voluto rispondere fattivamente. Proprio la reazione dei parrocchiani ci ha un po’ stupito, non ci aspettavo tanta generosità. All’inizio eravamo un po’ scettici, ci sembrava un obiettivo troppo difficile da realizzare. Quando abbiamo deciso di usare la casa canonica per ospitare chi ha necessità, c’era l’urgenza di fare dei piccoli lavori nell’abitazione e arredare l’appartamento. Ora incredibilmente siamo in una situazione per la quale abbiamo più mobili dello stretto necessario, le persone hanno risposto con immenso altruismo. Siamo un territorio dotato di grande spirito di accoglienza. Ad oggi non sappiamo per quanto tempo si fermeranno i tre ragazzi. L’alloggio non è certamente pensato come una dimora fissa, ma come luogo per rispondere in modo immediato almeno ai bisogni primari o di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese o magari a ragazzi a rischio, che divenuti maggiorenni, non possono più stare in Casa famiglia e non hanno ancora un posto dove andare. Siamo molto contenti di poter dire, che grazie al nostro aiuto, i tre ragazzi accolti, hanno già iniziato a lavorare presso alcuni ristoranti locali. Questo permette loro di cominciare a integrarsi nel nostro territorio. Una storia inizia con don Bosco e che continua .
