Eccolo qui, di nuovo da solo, tentato ancora una volta, dal commettere l’ennesimo errore.
È stato aiutato ma forse non era abbastanza pronto, o sono stato io “EDUCATORE” a credere che quel tempo sia bastato a salvarlo del tutto.
Seduta dietro la scrivania a vederlo con la testa tra le mani, cercando di capire perché si trovava di nuovo lì. Era triste vedere che, lui ancora una volta, si era trascinato in uno stato di devastazione completa, solo perché qualche ‘soldino facile’, lo rendeva “libero”.
Ma di quale libertà parliamo?
Quella di poter scendere e comprare un mazzo di rose alla fidanzata senza chiedere aiuto alla mamma?
O quella della maglietta di marca che con un lavoro onesto, senza formazione, senza una buona crescita del sè, difficilmente potrai pagare?
Eppure era lì davanti a me…
Preoccupato per quello che avrebbe detto la mamma, o lo stesso papà, che purtroppo, anche lui segnato da scelte sbagliate, era chiuso in carcere da alcuni anni.
Il suo senso di libertà!
Eppure penso che aveva già assaporato l’amaro della cella dopo la sensazione di ritornare a vivere… allora mi chiedo, perché?
In effetti riflettendo, da educatore, nessuno aveva fallito, ma nessuno aveva ancora vinto. Forse lui, aveva bisogno di più tempo, forse io, in quanto educatore, avevo bisogno di comprendere meglio quelle fragilità nascoste.
Quando sei lì a pensare a come creare quel progetto educativo, fatto apposta per lui, ti perdi tra le mille strategie da attuare, tra le mille prassi da attivare, perdendo di vista il suo piccolo mondo fatto di sentimenti.
Si, quei sentimenti che fanno la differenza.
Ti può capitare di vedere quello che fa il duro, che cerca di tenere il capo alzato perché così gli hanno insegnato, e di non farsi mettere i piedi in testa da nessuno.
Ti può capitare quello che ha preso una sbandata per un secondo, e quel secondo gli è costato tanto, fino ad essere rinchiuso in comunità o in carcere.
Ma, ti può capitare anche quello che, per essere accettato da quel ragazzo che sembra uno “forte” quello “buono” per un sistema senza valori, si cimenta a fare il grosso e buttarsi a capofitto in azioni sbagliate.
Logicamente non sono giustificazioni, i ragazzi non sono tutti uguali, e non puoi trattarli allo stesso modo.
Ma di certo puoi credere che tutti, possano cambiare.
In quella circostanza, il cuore ti scoppia perché pensi di aver perso, quando uno di loro, rientra nel circuito penale. In realtà, stai solo a metà del lavoro.
L’ho capito meglio quando, dopo un momento di riunione familiare nei salesiani, il giorno di Don bosco, ebbi regalato dal direttore, un piccolo quadretto di San Giovanni Bosco. Salì in comunità, e quello stesso ragazzo cocciuto mi guardò curioso e disse; quel quadretto mi piace, tanto… questo mi salverà ancora una volta!
Con le lacrime agli occhi, mi resi conto che forse la mia stanza non era il posto giusto per quel quadretto, ma lasciarlo nella cameretta di quel ragazzo ancora pieno di speranza, si, era il posto giusto! Sarebbe servito a lui, ma in realtà anche a me, per avere una fede ancora più grande di quella avuta fino a quel momento.
Mi rispose con un grande sorriso e disse “un grazie” carico di emozioni infinite.
Non ho ancora vinto… ma non ho nemmeno perso… carichi sempre di amore, fede e speranza.
Anna Pasquariello, educatrice Comunità Alloggio “il Sogno” di Napoli