6 Novembre 1992
Una buona tazza di caffè, una chiacchiera con i miei figli, ancora un bacio a mia moglie nel giorno del nostro anniversario per dirle quanto l’amavo e magari portarle dei fiori, per poi darci il buongiorno, svelto, come un’abitudine, la mattina seguente, come se avessi potuto farlo ancora per tanto tempo.
Questo mi manca.
Sono Giovanni Panunzio e sono morto.
Sono una delle tante vittime della mafia foggiana.
Trent’anni fa, alle 22:40 la mia vita si è interrotta, mi hanno sparato, ripetutamente, alle spalle, al collo, ai polsi lasciandomi accasciato sul volante della mia Y10, come se la mia vita non contasse nulla, ma la mia vita contava e il mio ricordo vorrei contasse ancora di più.
Non ci sono più io, ma qualcuno fa valere ancora la mia memoria, i miei valori, ciò in cui credevo: legalità, amore per il territorio, coraggio di opporsi al ricatto, desiderio di un futuro migliore, Amore.
A volte è difficile crederci e quanto è successo a me continua a ripetersi in un loop infinito, ma non bisogna dimenticare mai che “la mafia uccide…il silenzio pure”.
Gessica Borrelli, educatrice Comunità Alloggio “CasaGio”